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In psicologia clinica si definisce ipocondria una condizione di disagio caratterizzata da una preoccupazione eccessiva e infondata per la propria salute.

L’etimologia della parola “ipocondria” è di origine greca e significa “sotto la cartilagine”. Questo significato è riconducibile a Galeno, medico dell’Antica Roma che visse fra il 129 e il 216 d.C., il quale era convinto che i disturbi emozionali fossero causati da disfunzioni localizzate nella fascia addominale del corpo.

Nel 1845 la patologia fu inserita da Wilhelm Griesinger, neurologo e psichiatra tedesco, tra gli stati depressivi psichici, sebbene come forma minore e più lieve di altri disturbi base.

Dopo anni di studi, oggi sappiamo che l’ipocondria se non riconosciuta e gestita può diventare una condizione totalmente invalidante per il soggetto e per chi gli sta intorno e a lungo andare può compromettere diverse sfere della vita: quella lavorativa, a causa delle ricorrenti assenze o del calo delle performance, quella familiare che viene coinvolta per riflesso nella condizione ansiosa del soggetto e quella sociale, isolando totalmente la persona che non trova comprensione e supporto da chi la circonda.

L’ipocondriaco, infatti, è portato a valutare anche il minimo segnale anomalo proveniente dal proprio corpo come sintomo di malattia, ed a ricorrere a controlli medici frequenti o ad eccessive rassicurazioni provenienti da professionisti e/o familiari ma anche a fuorvianti ricerche di diagnosi su internet.

ipocondria ansia gallarate

Ansia come sintomo e correlazione

I sintomi dell’ipocondria riconducono ai i criteri diagnostici associati al Disturbo da ansia da malattia nel DSM-5 (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), nello specifico:

  • preoccupazione di avere o contrarre una grave malattia
  • sintomi somatici non presenti o, se presenti, sono solo di lieve intensità
  • elevato livello di ansia riguardante la salute
  • comportamenti eccessivi correlati alla salute o evitamento disadattivo (per visite mediche e ospedali)
  • la preoccupazione per la malattia è presente da almeno 6 mesi, ma la specifica patologia temuta può cambiare nel corso di tale periodo di tempo
  • la preoccupazione riguardante la malattia non è meglio spiegata da un altro disturbo mentale, come il disturbo da sintomi somatici, il disturbo di panico, il disturbo d’ansia generalizzata, il disturbo di dismorfismo corporeo, il disturbo ossessivo-compulsivo o il disturbo delirante.

Come ben si puntualizza nel DSM-5, il disagio dell’individuo non proviene principalmente dal sintomo in sé, quanto piuttosto dall’ansia derivante dal significato o dalla causa attribuitavi.

La persona associa segnali legati a funzioni corporee (esempio il battito cardiaco accelerato o il respiro affannoso) o ad alterazioni fisiche di lieve entità, alla malattia sospettata.

È stato evidenziato come malattie gravi, specialmente avute nell’infanzia, o esperienze pregresse di malattia di un membro della famiglia sono facilmente associate con il manifestarsi di questa condizione clinica.

I soggetti ipocondriaci possono allarmarsi se leggono o sentono parlare di una malattia e tendono ad identificarne i sintomi con sensazioni o cambiamenti che riguardano il proprio corpo. Inoltre, nonostante i frequenti controlli diagnostici a cui si sottopongono, queste persone, ritengono, di non ricevere spesso le cure adeguate, alimentando così l’ansia che diventa persistente e nei casi più gravi totalmente invalidante.

L’ipocondria dunque ha in sé una forte componente ansiogena, ma si distingue da altri disturbi d’ansia, quali Ansia Generalizzata e Attacchi di Panico. Nel disturbo d’ansia da malattia il contenuto della preoccupazione riguarda infatti, esclusivamente la salute, mentre nelle altre forme le preoccupazioni sono generali o legate strettamente a ciò che scatena l’attacco.

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Ipocondria e disturbo ossessivo compulsivo

Spesso i sintomi dell’ipocondria vengono associati al disturbo ossessivo compulsivo, condizione clinica caratterizzata dalla presenza di ossessioni, che creano disagio nel soggetto e compulsioni, ovvero comportamenti che vengono messi in atto per alleviare momentaneamente il disagio.

L’ipocondria può essere considerata infatti un tipo di ossessione. Il soggetto è tormentato dalla possibilità di avere una malattia e tenta di trovare razionalmente una risposta che gli dia rassicurazione. Questo tipo di meccanismo, che su persone sane funziona, nel disturbo ossessivo continua a reiterarsi, perché a livello razionale non esiste mai una certezza assoluta.

Pertanto, se la persona ha una preoccupazione specifica che nasce come un’ossessione su un problema che esige una risposta certa, farà in modo che nessuna possibile risposta sarà sufficiente, anzi, ogni risposta porterà altri dettagli che apriranno nuove domande o nuovi punti di incertezza da chiarire, alimentando una spirale infinita e mettendo in atto comportamenti ripetitivi di richiesta di rassicurazione e di controllo (visite mediche, analisi cliniche, ecc.).

Come affrontare l’ipocondria

Per affrontare l’ipocondria il paziente può sottoporsi a diversi tipi di intervento.

Uno dei trattamenti efficaci è la psicoterapia cognitivo comportamentale, perché coinvolge attivamente il paziente nella risoluzione del disturbo e si concentra sull’apprendimento di modalità di pensiero e di comportamento più funzionali. Si aiuta il soggetto a riconoscere ed a bloccare i comportamenti compulsivi associati all’ansia, come ad esempio il controllo costante dei problemi corporei, cercando di sostituire l’idea che i sintomi sperimentati siano generati da una grave malattia e costruendo un’ipotesi alternativa, più adeguata e vicina alla realtà.

La terapia si articola in due fasi:

  • comprensione, in cui il paziente è appunto invitato a comprendere il legame esistente tra piano cognitivo e comportamentale e ad identificare le distorsioni cognitive o le credenze irrazionali
  • esposizione, in cui il paziente, invece, viene accompagnato ad affrontare le proprie paure in un ambiente controllato e ad imparare a gestire le sensazioni di disagio.

Altri tipi di trattamenti tramite cui il paziente può trovare supporto sono la psicoterapia EMDR e la psicoterapia psicodinamica.

Con psicoterapia EMDR, acronimo derivato dall’inglese “Eye Movement Desentization and Reprocessing”, si intende un nuovo tipo di approccio terapeutico che facilita il trattamento di diverse psicopatologie e di problemi legati sia ad eventi traumatici che ad esperienze più comuni ma emotivamente stressanti.

Il terapeuta, scavando nei ricordi del paziente, focalizza eventuali eventi che possano aver generato il trauma ed a partire da questi lavora sui pensieri e sulle sensazioni associate; successivamente farà eseguire al paziente dei movimenti con gli occhi, cercando di stimolare così sia l’emisfero destro che quello sinistro del cervello del paziente, per effettuare una rielaborazione dei vissuti attraverso i movimenti oculari. Questo tipo di approccio può essere più efficace per alcuni tipi di traumi e su specifiche tipologie di soggetti ma in generale, la psicoterapia EMDR è un trattamento indicato per aiutare il paziente a cambiare il ricordo del trauma passato ed a riprendere in mano in modo efficace le redini della propria vita.

La psicoterapia psicodinamica, invece, è un approccio basato principalmente sulle metodologie della psicoanalisi e più in generale della psicologia dinamica e ha lo scopo non solo di limitare il pensiero negativo del paziente affetto da disturbi, ma anche di spezzare il meccanismo che provoca il disagio.

Il terapeuta, nella psicoterapia psicodinamica, deve intervenire al livello inconscio cercando di individuare e analizzare le cause che scatenano la sofferenza nel paziente. Lo step successivo sarà quello di supportare la persona nello sviluppo, nel superamento e nel consolidamento di sé stessa e dei propri scopi.

Questo tipo di trattamento viene consigliato nei casi in cui l’approfondimento sui meccanismi del profondo sia indispensabile al fine di:

  • migliorare il modo in cui la persona si sente
  • migliorare i suoi rapporti interpersonali
  • aiutarla ad affrontare lo stress
  • superare periodi dolorosi o di intensa sofferenza

Non sempre però l’ipocondriaco è disponibile ad intraprendere un percorso di psicoterapia, in questo caso è utile agire con interventi psicoeducativi tramite cui la persona e i suoi familiari imparano a conoscere meglio cosa sia l’ipocondria, come funziona e soprattutto come si può affrontare.

Con l’aiuto del terapeuta vengono individuati i circoli di mantenimento del disturbo e le sue ripercussioni su aspetti comportamentali, con un graduale miglioramento della qualità della vita, fino a quel momento compromessa dal timore di avere una grave malattia.

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