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Il termine ipnosi ha da sempre suscitato interesse e curiosità sia in ambito scientifico che pubblico. Nel corso della storia, la grande varietà di teorie che si sono occupate di questo argomento, ha contribuito a creare un alone di incertezza e confusione sia nella definizione che nella conoscenza pratica di questo strumento. Nonostante, talvolta, vi sia molta diffidenza nei confronti della terapia, l’ipnosi rappresenta oggi una tecnica riconosciuta e valida.
Secondo l’American Psychological Association l’ipnosi rappresenta una procedura attraverso la quale un medico o uno psicologo mette il paziente nelle condizioni di essere il protagonista di un’esperienza, caratterizzata da differenti cambiamenti nelle sensazioni, percezioni, pensieri e comportamenti.
Il paziente risolve il suo problema attraverso l’utilizzazione di capacità già proprie, ma che inizialmente non vengono riconosciute e comprese e dunque rimangono inespresse.
Il contesto ipnotico può prevedere una procedura basata su tecniche dirette, dunque esplicitate, oppure indirette, cioè conversazionali.
La condizione che qualifica l’esperienza di ipnosi è la presenza di due figure: l’ipnotista e colui che viene ipnotizzato e la profondità di questa interazione influenza il comportamento e le sensazioni percepite dal soggetto.
La condizione psicologica sperimentata dal paziente viene definita stato di trance. Questo stato, preceduto in genere da un rilassamento, è una condizione fisiologica del cervello in cui sono protagoniste le onde theta, correlate ad un’attività cerebrale rallentata, come, ad esempio, quando ci troviamo nella fase di passaggio tra il sonno e la veglia, oppure quando un soggetto sta fantasticando.

Ipnoterapia Ericksoniana come processo creativo

Milton Erickson, psichiatra e psicoterapeuta americano, negli anni ’50 ha dato un impulso decisivo allo sviluppo delle moderna ipnosi in psicoterapia.
La tecnica messa in pratica da Erickson sin da subito aveva come obiettivo non analizzare le cause sottostanti i problemi psicologici dei pazienti ma trovare una soluzione pratica, che desse un aiuto immediato.
Viene ridefinito il rapporto terapeuta-paziente: mentre nell’ipnosi tradizionale il rapporto terapeutico è fortemente asimmetrico, con un ipnotista spesso direttivo e un soggetto passivo, nel metodo ipnotico messo a punto da Erickson è essenziale che tra terapeuta e paziente si crei una relazione di reciproco rispetto e collaborazione.
Il fulcro principale della sua tecnica è la comunicazione, intesa come modo unico ed irripetibile di rapportarsi con ogni paziente. La psicoterapia ericksoniana sottolinea, infatti, l’individualità di ogni singola persona, ecco perché la struttura è molto flessibile e viene definita di volta in volta con il paziente, utilizzando le sue risorse individuali.
Erickson si interessò in particolare ai metodi naturalistici, che lo portarono ad utilizzare l’ipnosi come un processo creativo, non più cioè come una serie di tecniche standard da applicare ma come una peculiare situazione comunicativa basata sulla relazione con il singolo paziente.Pur sottolineando l’adattabilità e la flessibilità del suo metodo ha schematizzato il processo terapeutico in tre fasi principali:

  1. La preparazione: rappresenta la fase cardine di tutto il processo perché basata sulla conoscenza iniziale fra il paziente ed il terapeuta, in cui l’obiettivo è la costruzione di un rapporto di fiducia e rispetto da entrambe le parti. Negli incontri iniziali il terapeuta raccoglie delle informazioni sul bagaglio di esperienze, conoscenze e sistemi di credenze del paziente che verrà poi utilizzato per facilitare il cambiamento terapeutico.
  2. La trance terapeutica: è la fase in cui gli schemi e le strutture abituali del paziente vengono temporaneamente alterati, così che egli sia più ricettivo ad altri modelli di associazione e di funzionamento mentale che contribuiscano alla risoluzione dei problemi. Si verificano in questa fase catalessi, immobilità corporea, abbassamento della voce, chiusura degli occhi, lineamenti facciali rilassati, mancanza o ritardo dei riflessi, rallentata frequenza respiratoria e cardiaca, tutti segnali fisiologici, dunque, che indicano uno stato di abbandono e rilassamento. A Milton Erickson si deve l’intuizione che gli strati di trance non sono fenomeni straordinari ma eventi piuttosto frequenti e comuni a tutte le persone.
  3. La valutazione e la ratifica del cambiamento terapeutico: in questa fase il terapeuta, dopo aver individuato delle alterazioni nel funzionamento sensoriale-percettivo del paziente glielo comunica al fine di renderlo partecipe e consapevole dei cambiamenti che l’ipnosi ha apportato. Poiché non tutti i pazienti manifestano la stessa intensità sintomatica il terapeuta dovrà essere in grado di individuare anche le minime alterazioni presentate.

Ipnosi e trattamento dei disturbi

Le ricerche mostrano che terapie che impiegano l’ipnosi rispetto ad altri diversi trattamenti, hanno la probabilità di ottenere un risultato significativo più favorevole.
L’ipnosi ericksoniana è un utile strumento per il trattamento di specifici disturbi quali fobie, attacchi di panico, disturbi d’ansia, depressione, disturbi del comportamento alimentare e disturbi del sonno, in quanto si va ad agire direttamente sul controllo del dolore e sull’eliminazione delle emozioni negative.
Nel caso della depressione, ad esempio, si può lavorare direttamente sul senso d’impotenza e di disperazione del paziente e sull’aspettativa negativa, che genera di fatto il senso di sconforto e assenza di speranza.
Nelle fobie, in particolare, l’ipnosi rappresenta un grande aiuto per modificare una delle negatività maggiori che è l’aspettativa sgradevole che arrivi una grande sofferenza, tipica del paziente fobico e che di solito aggrava la patologia stessa, perché porta il paziente ad isolarsi e a rinunciare a tanti momenti importanti della propria vita.
L’ipnosi è stata descritta, inoltre, nella letteratura clinica come un significativo mezzo per migliorare il senso di empowerment personale. Attraverso lo sviluppo di personali risorse che in precedenza erano non riconosciute o non sviluppate nel paziente, si può agire sui disturbi del comportamento alimentare o sui disturbi del sonno, facilitando la messa in pratica di abitudini nuove e più sane e la sostituzione di schemi negativi e poco efficaci.
Elemento decisivo è, inoltre, l’aspettativa che il paziente ha in merito alla risoluzione del problema: se l’aspettativa di esito positivo è alta, il paziente potrà più facilmente sospendere e modificare le strutture di riferimento che spesso lo costringono ad una condizione autolimitante.

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